giovedì 29 luglio 2010

Solchi


Quello che mi conforta sono tutti gli odori conosciuti (e quelli non), la luna che splende piena stanotte, il fatto di aver ancora voglia di sapere quali nuovi colori vedrò domani. Il dolore che mi attraversa il cuore come una scarica elettrica è niente confronto alla paura che ho di non riuscire a sentire più nulla un giorno. A cicli alterni le persone mi deludono (e di sicuro io deluderò qualcuno a mia volta): persone vere, persone di carta. Inchiostri digitali che almeno una volta ho pensato di incontrare e che d'improvviso realizzo non vedrò mai. Rabbia, stupore, frustrazione per una irrealtà che non cesserà mai di essere tale; fantasmi elettrici che si dileguano come non fossero apparsi mai. Eppure ricordo le loro risate, le pause a cui forse ho attribuito eccessivo significato, le confidenze fatte e quelle ricevute. Svanite. Tutto il mondo costruito in riva al mare con le onde che la fanno da padrone. E nessun solco rimane visibile troppo a lungo, per quanto profondo possa essere. Farei nomi e cognomi se li conoscessi; descriverei volti se li avessi mai visti; indicherei i loro odori ai segugi solo se ... Ma a cosa servirebbe? Il tempo di una parola e un attimo dopo qualcun altro la sostituirebbe con la propria. Manipolatori, farabutti, fancazzisti tutti attorno allo stesso fuoco: ho imparato che la luce abbaglia, confonde, devìa e non guida; che il bagliore non riscalda, e non tiene le bestie lontane. Le bestie sono lì, vestite di pelli di uomo; le riconosco dal loro modo vorace di nutrirsi, da come ti guardano domandandosi quando sarà il tuo turno. Ma non riescono ad allontanarsi dal luogo del bivacco per pigrizia, timore o superbia. La cosa da fare è la più ovvia: scivolare fuori dal cono di luce, indietreggiare, tornare nell'ombra. E godersi lo spettacolo nell'osservarli sbranarsi l'un l'altro.

mercoledì 30 giugno 2010

Street Fighting Years - Simple Minds

Chased you out of this world, didn't mean to stop
I turned around and suddenly you where gone
Like some bird from paradise, the fire and ice
We turned around and suddenly you where gone, gone, gone
And now summer burns a hole inside and years are golden once again
My thoughts return to you my dear young friend
Oh come this way
Will you look down this way
I go down on the street
Where the wild wind's blowing
Here comes a hurricane

I say come down this way
Will you look down this way
I need you tonight
I need you around me

I'm looking through the windows
And my mind goes in a whirl
Well there's a multitude of candles
Burning in the windows of this world
I'm looking at the colours
Checking out the straights
I'm counting out the numbers
Will tomorrow never change?

Still I hear you and I love you
And I'll follow you elsewhere
And I'll remember this occasion
I'll remember being aware

'Cause we've got panic in the evening
We've got fall-out in the streets
And I hear you and I follow you
And I'll call out and I'll say
That I can hear your sister call out
And I hear her call your name
They're calling sweet surrender
And things won't be the same
And don't you think that I don't care
And don't you think that I don't know
And don't you hear them calling out
In a place not far from here

And I hear big wheels are turning
Some things are not to fear
They say this is the time and place
They call street fighting years

And I hear great wheels are turning
And I tell you not to fear
They say this is the time and place
They call street fighting years

And I love you, I look for you
And I walk to you, I walk to you
And I hear big wheels are turning
Is there no way out of here?
They'll be calling out tomorrow.

sabato 5 giugno 2010

VENTO


Ci sono cose che impari solo verso la fine; e forse neppure ti servono più. Altre che non impari mai e chissà quanto ti sarebbero servite (almeno questo è quello che pensi). Cose che maledici di non sapere solo nel momento in cui ne hai estremamente bisogno (e fino ad allora avresti riso in faccia a chiunque ti avesse detto che potesse valere qualcosa conoscerle).
Le cose importanti: vai a sapere quali sono !
Cucinare un buon piatto di pasta; riuscire a fare un buon caffé; l'arte del rammendo (che torna utile anche nelle relazioni personali); riuscire a far divertire un bambino; saper baciare bene; ascoltare chi ha necessità di parlare; essere capaci di abbinare i colori; rispettare il proprio corpo e quello degli altri; riconoscere il genio quando lo si incontra e cercare di imparare da esso; correre veloce; riuscire a masticare il ghiaccio; stare bene anche da soli; essere capaci di farsi capire anche da chi parla una lingua diversa dalla nostra; essere consapevoli che esiste un dio perché esiste la musica; stringersi nel mondo per fare spazio anche solo ad un animale; credere nell'amore nonstante tutto (che senso avrebbero altrimenti tutti i libri scritti e letti).
In definitiva le cose importanti paiono essere quelle più insignificanti, a volte: la singola orma e non il punto di partenza e quello di arrivo. La visione d'insieme, il quadro generale dell'opera, quelli li lascio volentieri a chiunque ne manifesti interesse.
Stanotte, seduta in veranda, sento solo il rumore delle foglie mosse dal vento e il fresco di una giornata piovosa che volge al termine.

martedì 16 marzo 2010

Dentro

Più di ogni altra cosa ricordo te così vicino a me, tanto da sentire il tuo fiato caldo che mi investe. Dopo, arriva il suono delle tue parole, che non ascolto, ma che vorrei senza fine. Avverto solo il tono interrogativo di quello che dici e ti rispondo perché le tue labbra non cessino di accarezzare le mie. Domande su domande. Ti arrabbi, credo. Vado avanti. Ma come non capire? Ti accetto dentro di me ancor prima che la mia bocca accolga la tua lingua. E tu ancora non capisci? Tu dentro. Questa la sola risposta.

giovedì 19 novembre 2009


Ci sono dei momenti in cui i pensieri mi assalgono e credo di aver mille e una cosa da dire: con la stessa velocità con cui arrivano così mi abbandonano, sola, e mi ritrovo ad osservarmi come chi sta guardando un acquario vuoto. E mentre sono lì che mi domando che fine abbiano mai potuto fare i pesci, sento le lacrime che mi bruciano il viso come a ricordarmi che anche loro hanno preferito scappare via. La felicità non la cerco; la serenità non saprei. Credo di poter amare, ma intorno è come se il mondo continuasse ad urlarmi che non posso farcela. Che non sono come quelle ragazze carine che si fidanzano e si sposano ( e non so se lo vorrei neppure ). Che non è quello il mio destino, che invece mi colloca dall'altra parte. Il ruolo migliore che io abbia mai interpretato è stato quello dell'amante facendo l'amore nelle pause pranzo o quando andava bene durante le mattine del sabato e i pomeriggi liberi dal lavoro. Per anni mi sono chiesta come sarebbe stato invece fare l'amore quando ne avevo davvero voglia o cosa si provi a fare colazione insieme al proprio uomo dopo essersi svegliati nello stesso letto. Come sarebbe stato trascorrere le domeniche al mare, invece che in un centro commerciale; o ricevere gli auguri di Natale proprio la notte di Natale e non con un sms "mandato appena possibile". La gioia di fare un regalo senza domandarsi se questa volta lo porterà con sé o lo lascerà come al solito a casa mia con la scusa che vuole averlo a portata di mano quando è con me. Ci sono momenti che vorrei dimenticare, ma non riesco; e più provo a cacciarli in fondo più salgono a galla. Ed anche se sono passati ormai, il pensiero che anche solo uno di questi mi si riproponga mi atterrisce. Ma è sempre come se tutto (persone e cose ) gridasse che qualunque cosa io faccia o pensi non cambierà quello che sono: l'amante perfetta

mercoledì 5 agosto 2009

STRISCIANDO

Il mio desiderio ha la forma di una me strisciante. Ti guardo da quella zattera che è il nostro letto: tu sei disteso accanto a me e leggi. E non so come, ma mi capisci. Chiudi il libro, dici che non vuoi più leggere, dici che mi hai trascurato. Io so che non è vero: so che tu non lo fai mai, ma è una sorte di gioco questo. Ti avvicini e mi desideri: tu mi vuoi sempre ed ogni volta mi domando con stupore come ciò sia possibile. Chiudo gli occhi e ripenso a ieri: alle parole dette, all'amore tra di noi. D'istinto allargo le gambe. La stanza è al buio, e io non ho gli occhi scuri, eppure se tu potessi vedermi ora, vedresti le tenebre aprirsi un varco nelle mie pupille. Ti trascinerei nell'abisso assieme a me sempre più in fondo perché il mio desiderio striscia fin dentro le viscere della terra, fin dentro le mie. Non sono una da biancheria bianca; io sono una dama vestita di nero, non sono una donna, sono una femmina. Il mio corpo si rilassa sotto i colpi della tua lingua, resiste ancora quando tu vuoi entrare, si arrende quando tu mi chiami col mio nome. Sono lacrime, carne e sangue ed esisto solo per vivere questo momento. Mi guardo come se fosse un'altra persona quella che si muove, che lecca bacia fotte senza tregua. E divento te. E tu diventi me. Il mio odore ora è il tuo: il tuo sapore è il nostro. Urlo come un lupo che ulula alla luna, con la stessa melancolia, la stessa rabbia di una animale che è libero solo per poco. Fottiti. Fottimi. Ancora. Per sempre. Mai più. A ripetizione. Il tempo esiste solo quando scendo da questa zattera; quando il mio desiderio torna a nascondersi sotto il letto. Strisciando.

martedì 28 luglio 2009

LA PANCHINA


Sono seduta su di una fredda panchina di cemento e le guardo muoversi, andare avanti e indietro. No. Non parlo delle persone. Le parole vanno e vengono; come viaggiatori stanchi su un treno. Ogni tanto qualcuna si ferma e si siede accanto a me, come a riprendere le forze e poi continua per la sua strada. Mi rendo conto che sono tutte parole che dovrei pronunciare senza tuttavia averne ancora il coraggio.
Ho capito, forse troppo tardi di essere irrimediabilmente rotta, di avere un pezzetto di me, dentro, staccatosi da qualche parte che ogni tanto andava ad urtare contro le pareti del mio essere provocando un suono di argentina purezza. Credevo fossero campanelli tintinnanti per la felicità. Invece no. Deve essere cominciato tutto quando ero all'asilo: fidanzata con due gemelli. Ricordo che le giornate trascorrevano felici solo per il fatto di andare in giro mano nella mano, con me al centro di quello strano trio. L'idillio durò poco perché la mia migliore amica me ne rubò uno. Amiche ! Credendo fermamente che i gemelli andassero in coppia lasciai anche l'altro disinteressandomi di tutti loro, amica compresa. Le mie avventure sentimentali si interruppero per quasi quindici anni; poi qualche ragazzo, qualche incidente di percorso, qualche amore. E poi il primo fidanzato vero, lasciato per il secondo, lasciato nuovamente per il primo. E poi quel suono. La coscienza che piano si faceva strada dentro di me di avere continuamente fame; una voracità che rappresentava appieno il mio essere. La certezza di non potermi fermare in nessun modo, la necessità di riuscire a creare una forma di contatto tra me e questo mondo ballerino. Niente è bastevole per placare questa mia ricerca, ed è è stata forse questa furia a rompermi.
Non sono in grado di dire quello che sono in questo momento: tra cinque minuti sarò probabilmente una persona diversa e riuscirò a ricordare questo mio "ora" solo se lo blocco su questo pezzo di carta. Le lacrime rigano improvvisamente il mio viso senza che io ne conosca il motivo, né che io possa impedirlo. La paura mi attanaglia il cuore, mettendo in bella vista, come su un tabellone luminoso, l'età che avanza. Non si può barare. Vorrei che qualcuno mi dicesse che è ora di fermarmi; che non sarà così per sempre. Questa volta non avrò bisogno di due pianeti che gravitano intorno a me: mi basterà una stella, una sola. Ma rimango al buio, in attesa di conforto. Stufa di aspettare scendo da quel treno fermo che è la mia testa stasera. Preferisco stare seduta su quella panchina fredda messa sul binario apposta per me ed osservare le parole stanche nel loro spostamento. Prima o poi qualcuna di esse mi degnerà di uno sguardo, e riconoscendomi mi si siederà accanto.